martedì 15 giugno 2010

Bloody sunday, la verità.

Il neopremier conservatore inglese David Cameron ammette le illegalità a 38 anni dalla Domenica di Sangue sulle strade di Derry, in Irlanda.
Un libro Odoya spiega 8 secoli di rapporto tra l'inghilterra e l'irlanda:
Storia del conflitto anglo-irlandese, otto secoli di persecuzione
Riccardo Michelucci con prefazione di Giulio Giorello
il libro, esaurito in pochi mesi, è stato ristampato.
ecco un accenno alla notizia Ansa

LONDRA, 11 GIU -Critiche in Inghilterra dopo che il Guardian ha anticipato stralci dell'inchiesta concessa allora da Tony Blair sul massacro Bloody Sunday.Per il quotidiano un certo numero delle uccisioni verranno dichiarate 'unlawful' (illegittime) dall'inchiesta.'Questa rapporto - dice Liam Wray, fratello di una delle vittime - apparira' in forma integrale fra quattro giorni. Sarebbe stato meglio optare per un approccio piu' delicato e aspettare per rispetto delle famiglie e della situazione'.

Per maggiori informazioni www.odoya.it

mercoledì 9 giugno 2010


Ciao a tutti i nostri lettori,

vi regaliamo una piccola anteprima sul libro di Joe Boyd,Biciclette Bianche, il produttore del primo album dei Pink Floyd e di Nick Drake che uscirà a brevissimo in tute le librerie per la collana Odoya Cult Music:

"Mi unii a Paul al mixer mentre il soundcheck iniziava. Grossman si sedette con noi mentre eseguivano i tre brani che avevano provato: Maggie’s Farm, It Takes A Lot to Laugh, It Takes A Train To Cry e Like A Rolling Stone. Non fu detto nulla: sapevamo che era molto importante. Passai a Paul una penna fluorescente rosa che impiegò per marcare i livelli di ogni canale e il quadrante dell’equalizzazione sopra il mixer. I dettagli degli altri artisti erano annotati negli appunti di Paul, ma quelli di Dylan era scritti con un inchiostro che si poteva leggere al buio.
Tornato sul palco, chiesi a ciascun musicista se fosse soddisfatto delle posizioni e dei livelli dei loro amplificatori. Non c’erano ancora le spie in quel periodo e nessun ritorno degli strumenti elettrici nel sound system; veniva messo un microfono di fronte a ogni amplificatore per raccoglierne il segnale. Tracciai la posizione degli amplificatori e dei microfoni e la disposizione dei volumi con il pennarello rosa. Il suono che avevamo provato doveva esserci sin dalla prima nota. Quando il palco fu liberato e i cancelli aperti al pubblico, nessuno di noi si mise in cerca di cibo: eravamo troppo pieni di adrenalina per avere fame.
Si rivelò una serata bella e luminosa con una delicata luce pastello. Fu permesso ai Butterfield, per consolarli della cancellazione dovuta alla pioggia, di suonare per mezz’ora alle sette mentre la folla stava ancora arrivando. Dylan era previsto suonasse per quarantacinque minuti verso la fine della prima metà, ma sapevamo che aveva preparato solo tre pezzi. A calmare la tensione dell’attesa lo splendido set dei Moving Star Hall Singers, che avevo sentito l’anno prima a Johns Island. Nello stesso istante in cui finirono, corremmo al buio sul palco. Passavo da amplificatore ad amplificatore, per controllare i segni rosa. Quando i musicisti furono pronti, feci segno con la mia torcia. Fatta la presentazione, le luci si accesero e Maggie’s Farm risuonò a tutto volume nella notte.
Corsi diritto verso la zona riservata alla stampa. Per gli standard di oggi, il volume non era particolarmente alto, ma nel 1965 era probabilmente la cosa più ad alto volume che si fosse mai sentita. Un brusio di sorpresa e meraviglia attraversò il pubblico. Quando il pezzo finì, ci fu un boato che conteneva molti suoni. Di sicuro c’erano dei fischi, ma non erano in maggioranza. C’erano urla di piacere e di tripudio e anche di scherno e di offesa. I musicisti non si fermarono ad interpretarli, si tuffarono subito nella seconda canzone.
Qualcuno mi diede un colpetto sulla spalla: «Ti stanno cercando nel backstage». Alan Lomax, Pete Seeger e Theo Bikel se ne stavano vicino alle scale, furiosi. «Devi abbassare il volume, è troppo alto». Dissi loro che non potevo controllare i livelli del volume da dietro il palco e non c’era un sistema di walkie-talkie.
«Dove lo si controlla? Come ci si arriva?», Bikel chiese. Gli dissi di uscire dal parcheggio, di girare a sinistra, seguire la staccionata fino all’entrata principale, tornare indietro per il corridoio centrale e l’avrebbe trovato là all’altezza della fila G – un viaggio di quasi un quarto di miglio. Mi guardarono in cagnesco. Lomax disse: «So che tu ci puoi arrivare più velocemente». Confessai che di solito saltavo la staccionata. Per un attimo tutti contemplammo l’idea che ciascuno di questi signori solenni e corpulenti, fatta eccezione per Seeger, facesse la stessa cosa. Poi Lomax disse arrabbiato: «Adesso ci vai tu e dici che il volume deve essere abbassato. È un ordine della direzione». «Okay», dissi, e corsi verso le cataste di ceste del latte vicino alla centralina elettrica per le luci. In pochi secondi fui di fianco al mixer.
Era come essere nell’occhio del ciclone. Intorno a noi, erano tutti in piedi, con le braccia alzate. Alcuni applaudivano, altri fischiavano, alcuni discutevano, altri avevano la faccia da pazzi. L’assolo di chitarra di Bloomfield urlava nell’aria della notte. La voce di Dylan recitava l’ultima strofa, scagliando le parole nella sera:

Now the wintertime is coming
The windows are filled with frost

[Ora sta arrivando l’inverno
le finestre sono piene di brina]

Grossman, Yarrow e Rothchild se ne stavano seduti dietro la console e ghignavano come gatti. Mi chinai verso di loro per portare il messaggio di Lomax.
«Di’ ad Alan che la direzione è adeguatamente rappresentata al controllo del volume e che il membro della direzione qui pensa che il volume vada bene così», disse Yarrow. Poi mi rivolse lo sguardo, sorrise e disse: «E digli anche…», e tirò su il medio della mano sinistra. Grossman e Rothchild si misero a ridere mentre io ritornavo verso la staccionata.
Mentre raggiungevo la fine della scalinata, Bikel e Lomax osservavano Seeger che camminava a lunghi passi verso il parcheggio. Non riusciva più ad ascoltare. Toshi, sua moglie, piangeva, confortata da George. Diedi a Lomax e a Bikel il messaggio di Yarrow, senza menzionare il dito. Loro imprecarono e se ne andarono via. Io tornai nell’area stampa per sentire l’ultima canzone.
Ci sono molte versioni di quello che poi successe. Dylan lasciò il palco scrollando le spalle, mentre il pubblico urlava. Dal momento che aveva sentito solo tre pezzi, ne chiedeva ancora altri e di sicuro qualcuno fischiava. Erano stati presi di sorpresa dal volume e dall’aggressività della musica. Ad alcuni piacque, altri non gradirono, la maggior parte era stupita, meravigliata ed eccitata. Era qualcosa che oggi diamo per scontato, ma allora era completamente nuovo: testi non lineari, un comportamento di totale disprezzo verso quello che la gente si aspettava e verso i valori costituiti, il tutto accompagnato da una stridente chitarra blues e una potente sezione ritmica, suonate a un volume assordante da alcuni ragazzi. I Beatles stavano ancora cantando canzoni d’amore nel 1965, mentre gli Stones faceva un pop sensuale che aveva le sue radici nel blues. Ma questo era diverso. Questa era la nascita del Rock. Sono stati commessi così tanti attacchi al gusto in nome del rock da quel punto in poi che potrebbe essere discutibile considerare questo momento come un trionfo, ma sicuramente lo sembrò nel 1965."